Nell’inverno del 2010 – oramai quattro anni fa – le forti e persistenti piogge portarono allo scoperto, in una vasta area lunga oltre 4 km e costeggiante gli argini del Torrente Gaccia, una coltre stratificata di rifiuti anche pericolosi e speciali come eternit, batterie e pneumatici.
Il 1° luglio dello stesso anno, il NOE di Catanzaro pose sotto sequestro l’intera area che risultava, vista la posizione, sottoposta anche a vincolo paesaggistico-ambientale. Il motivo di tale sequestro (che non risultò una novità per i tanti abitanti del luogo) fu che per interi decenni gli argini del torrente furono utilizzati come discarica abusiva di rifiuti solidi urbani e speciali.
Una mega discarica abusiva quindi che però fu letteralmente occultata grazie agli interventi programmati dal comune di Pianopoli ed appaltati nel 2008 ad una società di Rosarno che, con un subappalto poi ritenuto irregolare, cedette i lavori ad una locale ditta. Questi lavori che in teoria dovevano servire a bonificare l’area, in realtà servirono soltanto per nascondere l’enorme mole di rifiuti tal quale sotto una coltre, neanche molto spessa, di terreno di riporto.
Oggi, a distanza di 4 anni, nessun passo in avanti è stato fatto a riguardo; nessuna notizia è dato avere sullo stato dell’indagine per disastro ambientale aperta dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme.
Intanto, l’area continua a permanere in uno stato di completo abbandono. Nessuna bonifica è stata avviata ed i rifiuti continuano a lambire le sponde e le acqua del torrente Gaccia che, come è giusto ricordare, finiscono a mare dopo tante confluenze in torrenti più importanti: Sant’Ippolito, poi nel Piazza, ed infine nell’Amato.
Inoltre, come abbiamo potuto riscontrare in questi giorni dopo un sopralluogo da noi effettuato, le ultime forti piogge hanno portato allo scoperto altri tratti della vecchia discarica occultata con i lavori della falsa bonifica.
Intanto, l’intera area continua ad essere un luogo di scarico abusivo di rifiuti non essendo mai stata sottoposta, di fatto, a sequestro preventivo per inibirne concretamente l’accesso, tant’è che ancora oggi risulta frequentata da cittadini e dai proprietari dei terreni limitrofi che, per accedere ai loro terreni, transitano sul sito stesso.
Proprio in virtù di quanto visto durante il recente sopralluogo, chiediamo al sindaco di Pianopoli, quale massima autorità in materia di vigilanza sanitaria sul territorio, di provvedere nell’immediato a ripristinare le condizioni igienico-sanitarie ed ambientali dell’area in questione.
Poi vorremmo in tutta sincerità capire come mai per la giustizia calabrese e, nella fattispecie quella Lametina, sia così difficile applicare il principio comunitario del “chi inquina paga” contenuto nelle tante direttive europee in materia ambientale.
Oggi alla luce di quanto sta avvenendo in Calabria e nel resto d’Italia, sulle questioni ambientali gli unici a pagare sono le comunità locali che ancora una volta si vedono costrette a lottare ed a scendere in piazza per vedere tutelato il loro territorio e, soprattutto, la loro salute e quella delle generazioni future.
Torrente Gaccia: chi inquina paga?
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